domenica 20 gennaio 2013

Indagine genetica: le Scienze forense possono scoprire il colore degli occhi e dei capelli in resti Medievali

Il sistema di analisi DNA HIrisPlex che può stabilire il colore degli occhi e dei capelli da campioni delle moderne scene del crimine è anche in grado di identificare i dettagli da antichi resti umani.
Il sistema può ricostruire il colore degli occhi e dei capelli da denti vecchi fino a 800 anni.
Il sistema analizza 24 polimorfismi del DNA, variazioni che si verificano naturalmente, che possono essere utilizzati per prevedere il colore di occhi e capelli da resti umani come denti e ossa.
Il Dr. Wojciech Branicki, dell'Istituto di ricerca forense della Jagielonian University di Cracovia, ha spiegato, "Il sistema può essere usato per risolvere controversie storiche nelle quali si sono perse fotografie a colori o altre registrazioni. HIrisPlex fu in grado di confermare che il generale Wladyslaw Sikorski, morto in un incidente aereo nel 1943, aveva gli occhi azzurri e capelli biondi come visto in un ritratto ritrovato anni dopo la sua morte. Alcuni dei nostri campioni sono di detenuti sconosciuti della seconda guerra mondiale.
In questi casi HIrisPlex a contribuito a descrivere caratteristiche fisiche da campioni di DNA medievale in cui il DNA è ancora più degradato.
Questo sistema è ancora in grado di prevedere il colore di occhi e capelli (nella maggior parte dei campioni di DNA degradato solo colore degli occhi).


banca dati DNA. Italia fra gli ultimi in europa


Vi propongo un interessante articolo sulle Banche dati del DNA che fa il punto sulla situazione in Italia a confronto con gli altri Paesi europei.
 
Dovrebbe esistere già da 3 anni, da quando cioè il Parlamento l' ha istituita nel giugno 2009 in attuazione di un trattato europeo addirittura del 2005. Ma a tutt' oggi la Banca dati nazionale del Dna non esiste. Nemmeno esiste il suo presupposto, e cioè il laboratorio centrale per la tipizzazione dei profili genetici che dovrebbero alimentarla, di cui solo da poche settimane iniziano a essere rilasciati i primi bandi su personale e dotazioni. Manca persino il regolamento attuativo della legge, che sarebbe dovuto arrivare entro 4 mesi dal giugno 2009. Si contano sulle dita di una mano i centri di analisi che in Italia hanno la certificazione «ISO17025» richiesta dalla legge, e tra essi al momento neanche ci sono tutti i laboratori delle forze dell' ordine. Soltanto tre mesi fa è stata completata presso la Presidenza del Consiglio la composizione del «Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita», i cui membri incontreranno il 3 ottobre il premier Monti.
 
E intanto più passa il tempo e più si rischia di dover già buttare kit e i reagenti di laboratorio comprati con uno dei primi appalti nel 2011, perché fantozzianamente in via di scadenza come pure già una convenzione con l' Università Roma Tor Vergata.
 
L' assenza della banca dati nazionale fa così pagare all' Italia un altro pesante (seppure meno conosciuto) spread dall' Europa, stavolta sul tema della sicurezza e in scomoda compagnia: a paragone dei 27 Paesi dell' Unione europea, infatti, soltanto Italia, Grecia, Cipro, Malta e Irlanda non ce l' hanno ancora e dal 2014 rischiano di essere completamente tagliati fuori dalla cooperazione internazionale europea.
 
Nel frattempo una generale ipocrisia fa sì che tutti sappiano, ma tutti facciano finta di non sapere, che polizia e carabinieri mantengono proprie informali banche dati genetiche, non dichiarate ufficialmente o pudicamente qualificate come semplici «archivi d' ufficio» e «non dati personali», accumulatisi negli anni di indagini su delega della magistratura, e nelle quali i dati sono entrati all' epoca con criteri e modalità legali ma ovviamente diversi da quelli previsti dalla legge del 2009. Questo non-detto è affiorato nel 2004 quando un banale processo a un imputato albanese fermato dai carabinieri per furto d' auto a Bolzano, e la successiva ispezione (per quanto morbida) del Garante della privacy del 2007, portarono a galla che l'allora Ris di Parma deteneva non solo i profili genetici di 2.200 indagati e 5.100 tracce mute, ma anche di campioni appartenenti a 11.700 persone mai indagate e soltanto identificate durante le indagini. E ancora oggi questo fai-da-te investigativo resta un argomento tabù, come si è visto dalle risposte cortesi e tranquillizzanti, ma evasive sui numeri, che i responsabili della «scientifica» di polizia e carabinieri hanno dato a Pavia al congresso dei genetisti forensi.
 
Oltre che dal riversamento di questo pregresso nei primi 12 mesi, l'attesa Banca dati nazionale (Viminale), che la legge vuole sia separata dal laboratorio centrale (Dap-Giustizia), è previsto sia alimentata dai profili Dna (resi anonimi in sequenze alfanumeriche) degli arrestati e dei condannati definitivi per delitti non colposi per il quale il codice consenta l'arresto facoltativo in caso di flagranza. Ci sarà però l'eccezione dei reati contro la pubblica amministrazione, societari e fiscali, curiosa tutela dei colletti bianchi. E qualche perplessità desta anche la legge laddove ammette il prelievo forzoso del Dna (cioè anche senza consenso) di qualunque persona, anche non indagata: l'unica condizione sarà che, in relazione a delitti non colposi la cui pena massima sia almeno 3 anni di carcere, il giudice lo ritenga «assolutamente necessario per l' accertamento dei fatti». Ancora maggiori dubbi, qui proprio di incostituzionalità, solleva la legge che assicura la cancellazione dalla banca dati del profilo Dna della persona assolta alla fine del processo, ma si dimentica di stabilire lo stesso anche nei tantissimi casi di archiviazione chiesta dal pm già durante le indagini o di proscioglimento deciso dal gip in udienza preliminare: bizzarrìa che peraltro dovrà fare i conti con la sentenza «Marper contro Regno Unito» della Corte europea dei diritti dell' uomo di Strasburgo, che ha condannato Londra ritenendo che la conservazione in banca dati del profilo genetico di un sospettato-scagionato sia intromissione nella vita privata che eccede il giusto equilibrio tra concorrenti interessi pubblici/privati e perciò viola l' articolo 8 della Convenzione Cedu. Il senso della Banca dati nazionale sarà far sì che, dal confronto con il campione biologico reperito sulla scena del crimine, le indagini siano aiutate da un «match», cioè da una corrispondenza che potrà identificare un sospetto o scagionare una persona già indagata, risolvere un vecchio enigma, collegare delitti di epoche diverse, scoprire chi si nasconda dietro un alias, identificare un cadavere o ritrovare uno scomparso.
 
Le potenzialità sono formidabili, come dimostra il sistema inglese (molto aggressivo e onnivoro, che contiene ormai 6 milioni di profili genetici) che è utile alle indagini nel 42% dei casi. Ma formidabili sono anche i rischi di lesioni della privacy individuale se non viene dosato bene il bilanciamento con le esigenze della sicurezza collettiva. E sull' uso forense del dato genetico in Italia sono proprio giudici e avvocati ad apparire spesso inconsapevoli delle insidie non solo di un dato genetico ricavato-conservato-misurato male, ma anche e soprattutto di una superficiale interpretazione e comunicazione al giudice di un pur corretto dato genetico. Lo dimostra l' altalena che - al ritmo dei successi (da ultimo nel delitto di Lignano) o dei fallimenti (Perugia, Garlasco, via Poma) delle indagini Dna nei processi - oscilla tra l' acritica adesione a una visione miracolistica che considera vangelo la prova genetica, e una irrazionale contro-reazione che la declassa al rango di lotteria: quando invece l' esperienza quotidiana indica che il vero problema è costituito dalla permanente esistenza di giudici sprovveduti che si riducono a scegliere alla cieca il proprio perito d' ufficio e, non possedendo competenze per controllare il metodo usato, finiscono con il delegare di fatto la sentenza al perito.
 
Non a caso, dal congresso biennale dei genetisti italiani del «Ge.F.I.» conclusosi ieri a Pavia sotto il coordinamento del professor Angelo Fiori e del presidente Francesco De Stefano, è emersa l' assoluta priorità di una formazione comune tra magistrati, avvocati, investigatori e genetisti: quantomeno per parlare la stessa lingua su modalità di raccolta dei reperti, quantità minime di materia biologica in grado di fornire una risposta attendibile (il problema del «low template Dna» che ha agitato i processi di Perugia e Garlasco), trappole delle commistioni tra Dna diversi, importanza di una corretta catena di custodia che non degradi e non alteri il campione biologico, margini di errore più o meno accettabili nelle tecniche di amplificazione quando il materiale sia poco, e validità delle premesse statistiche sottostanti alle probabilità di frequenza di un certo profilo genetico nella popolazione.
 
Le indaginiIl caso Claps Elisa Claps scompare a Potenza nel 1993, a 16 anni Il suo corpo senza vita viene trovato nel 2010 e dopo le analisi vengono trovate tracce del Dna di Danilo Restivo, 39 anni, unico indagato è stato condannato a 30 anni in primo grado per l' omicidio della giovane.
 
Il giallo di Yara Quello dell' omicidio di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate Sopra (Bergamo) uccisa il 26 novembre 2010, nonostante i campioni di Dna raccolti non è stato ancora risolto.
 
Come funziona in Europa Le regole adottate per definire compiti e limiti delle banche dati del Dna
 
Inghilterra. La banca dati è stata creata nel 1995 e successivamente ha raccolto anche le tracce dei profili degli assolti. È consentito di prelevare un campione subito dopo il fermo di un individuo. La banca dati inglese conta circa 6 milioni di profili. Ma ora una legge già approvata introduce criteri più restrittivi come la distruzione del Dna degli assolti.
 
Germania. La banca dati dei profili genetici tedeschi è stata istituita nel 1998, sotto il governo di Helmut Kohl. Custodisce le tracce genetiche di almeno 500 mila fra assassini, violenti e maniaci. Nei primi sei anni aveva portato alla soluzione di 18 mila delitti, fra i quali 371 omicidi e 870 crimini a sfondo sessuale.
 
Mappa Italia, Irlanda, Grecia, Cipro, Malta: i soli in Europa senza banca Francia Istituita nel 2001, la banca dati è stata anche accusata di collezionare dati troppo velocemente: ogni mese nel database entrano più di 25 mila nuovi profili genetici. Ad oggi sono più di un milione i profili contenuto negli archivi, grazie anche alla modifica del 2003 che ha esteso la raccolta a quasi tutti i reati.
 
Spagna La banca dati è diventata operativa nel 2007. Fino all' anno scorso erano state raccolte tracce genetiche di circa 183 mila persone e fino ad oggi ha aiutato a risolvere almeno 7.500 casi. I dati di quasi tutte le polizie spagnole convergono nell' archivio, nel quale però non compare nessun nome, ma solo le etichette del profilo genetico 
 
Ferrarella Luigi - Corriere della Sera

lunedì 26 novembre 2012

determiazione del sesso dalle impronte digitali


Scienziati Inglesi hanno dimostrato attraverso l'uso della spettroscopia di massa (maldi) che è possibile determinare il sesso di un sospettato dalle impronte digitali lasciate sulla scena.
La Dott.ssa  Simona Francese della Sheffield Hallam University ha spiegato che nel sudore sono presenti dei peptidi naturali e che la loro abbondanza è distintiva di un sesso o dell'altro.
La dott.ssa Francese ha utilizzato il MALDI (desorbimento/ionizzazione laser assistito da matrice) per analizzare i peptidi e la loro abbondanza nelle impronte digitali. i risultati sono ottenibili con un'analis d 10 minuti e con un'accuratezza dell'85%.
Dalle impronte digitali, continua la dott.ssa Francese, è possibile determinare dieta, abitudini, stile di vita e inoltre il poter conoscere il sesso può aiutare gli investigatori in assenza di fluidi biologici.
Ovviamente, aggiunge la Dott.ssa Francese, questo tipo di test ha ancora molta starda da fare prima che possa essere effettivaente utilizzato dagli investigatori, ma ci fa capire quanto ci sia ancora da scoprire nel campo delle scienze forensi.


da chemistryworld

sabato 29 ottobre 2011

 da droga news

Il carbonio svela l’età dei reperti di cocaina da strada

E’ stato determinato il tempo che intercorre tra il raccolto di foglie di coca nei campi di coltivazione Sudamericani e i reperti di cocaina da strada sequestrati negli Stati Uniti attraverso la determinazione della quantità di un isotopo del carbonio, il 14C, le cui concentrazioni diminuiscono di anno in anno nell’atmosfera. Il contenuto di questo isotopo nei materiali biologici, indicato anche come livello di “abbondanza naturale del 14C” è funzione del tempo e viene misurato con uno spettrometro con acceleratore di massa (AMS) che permette così di datare i campioni esaminati. Questa tecnica, come riportato nello studio pubblicato sulla rivista Forensic Science International, è applicabile nell’era moderna a partire da campioni che risalgono a non prima degli anni sessanta, periodo in cui una ingente quantità di 14C è stata prodotta nell’atmosfera in seguito ai numerosi esperimenti nucleari, interrotti nel 1963 con un trattato internazionale (Nuclear Test Ban Treaty) e quindi attualmente in costante diminuzione di anno in anno. Dalle differenze tra l’abbondanza naturale dell’isotopo del carbonio nei campioni di foglie di coca e quella nella cocaina da strada è possibile dunque risalire all’anno di produzione dei reperti stessi. Questo nell’ottica di studiare e valutare i flussi di droga, l’eventuale stoccaggio di grosse partite e la loro immissione sul mercato anche in tempi molto successivi alla produzione. Analizzando i numerosi campioni di cocaina sequestrati in USA tra il 2003 e il 2009 sono state valutate le differenze di abbondanza del 14C e confrontate con dati disponibili per le foglie di coca raccolte in Sudamerica. Dai risultati è emerso che tra il 2007 e il 2009 l’età media dei reperti da strada di cocaina in USA era di 24,6 mesi circa. Usando le osservazioni dei livelli di radiocarbonio, i risultati indicherebbero che i trafficanti richiedono diversi mesi per passare dalla raccolta delle foglie di cocaina e il suo arrivo sulle strade americane, informazioni che possono costituire un importante parametro per monitorare l’efficacia delle azioni di contrasto nella lotta alla droga.


J.R. Ehleringer, et al., 14C analyses quantify time lag between coca leaf harvest and street-level seizure of cocaine, Forensic Sci. Int. (2011),doi:10.1016/j.forsciint.2011.05.003


venerdì 7 ottobre 2011

Incontro “ La Chimica nelle scienze forensi: dalla fantasia alla realtà”

 il giorno 15 ottobre 2011 presso il Centro Regionale Antidoping “A. Bertinaria”
Orbassano (TO) si terrà un incotntro sulla chimica forense.

LA CHIMICA DELLE SCIENZE FORENSI

Conduce C. Gregori - Giornalista La Gazzetta dello Sport

Ore 9,30 Saluto Autorità
Ore 9,45 Presentazione - Dr. G.Geda - Pres.Ord.Chim.Piemonte/V.d’Aosta
Ore 10,00 Cos’è la Chim. Anal. Forense Prof. S.Girotti - Università BO
Ore 10,25 La scena del crimine -Tenente Colonnello G.Lago- RIS Parma
Ore 10.50 Droghe - Dott.ssa T. Macchia - Ist. Sup. Sanità Roma
Ore 11,15 Esempi/Aspetti Chim.Anal.For.-Mag.A.Gregori–RIS Parma
Ore 11,40 Indagini tossicologiche -Prof. M.Vincenti– Uni.TO - C.Antidoping
Ore 12,10 Tavola Rotonda : Il destino delle prove scientifiche
Prof. G.Mori - Uni.PR
Dr. D. D’Ottavio - Chimico Forense
Dr. E. Capodacqua - Giornalista Repubblica
Dott.ssa D.Spagnoli - Pres. Tribunale Pinerolo

Ore 13.00 Presentazione attività

Centro e saluto finale
Prof. M.Vincenti – Dir.Centro
Reg.Antidoping/Tossic. “A. Bertinaria”

Ospiti:
Claudio Sala -calciatore anni ‘70 “il poeta del gol”
Livio Berruti -olimpionico, Roma 1960, oro 200 mt


domenica 2 ottobre 2011

il luminol

Il Luminol

Luminol
Il Luminol è un composto chimico in grado di emettere luce reagendo con il perossido di idrogeno (acqua ossigenata), in presenza di un catalizzatore, che solitamente è un metallo, come il ferro o il rame.
Dal momento che nel sangue è presente del ferro (all’interno delle molecole di emoglobina, con la funzione di trasportare ossigeno e diossido di carbonio), questo può essere sfruttato per ottenere un’emissione luminosa.
I tecnici che si occupano dell’analisi della scena del delitto distribuiscono nella stanza dove è avvenuto il delitto il Luminol mescolato con il perossido di idrogeno, attraverso appositi vaporizzatori, quindi spengono la luce e osservano accuratamente se compare una luminosità.
Generalmente si procede analizzando zone circoscritte e si utilizzano delle macchine fotografiche e pellicole apposite in grado di registrare emissioni molto deboli, utilizzando tempi lunghi di esposizione. Infatti, generalmente la luminosità è molto flebile, a meno di non essere in presenza di grandi quantità di sangue (per cui, ovviamente, non è necessario ricorrere al Luminol per l’individuazione).
Questo tipo di trattamento rende difficoltosa l’analisi del DNA, ma non la impedisce, per cui si sta diffondendo largamente come tecnica di individuazione delle tracce.
Inoltre, dal momento che il ferro è presente anche nel sangue coagulato, questo test funziona anche se le tracce risalgono a diverso tempo prima del rilevamento.

Ovviamente, la reazione luminosa può avvenire in presenza di contaminanti ambientali che agiscono da catalizzatori come il ferro, per cui non è raro trovarsi in presenza di falsi segnali.

sabato 1 ottobre 2011

Test tossicologici

CAMPIONI PER I TEST TOSSICOLOGICI.

Prima di poter procedere con i test tossicologici, bisogno raccogliere dei campioni. Molte parti del corpo possono produrre campioni utili per l’identificazione delle droghe. Un esempio è l’urina, facile da ottenere.

TEST DELL’ URINA
 L’urina può mostrare sostanze assunte anche diverse settimane prima, ad esempio la marijuana può essere rilevata anche 2 settimane dopo l’uso.

I tempi possono variare in base a diversi fattori: tipo e quantità della droga assunta, età e massa corporea, frequenza nell’uso, tolleranza alla sostanza. 

TEST SALIVA
 Si può usare anche la saliva, ma il riconoscimento di sostanze è limitato e di breve durata.

TEST DEL SANGUE
 Il sangue è un fluido biologico molto utile nel test delle sostanze tossiche perché è possibile testare moltissime sostanze. Quella più testata è sicuramente l’alcool.

TEST DEL CAPELLO
Con il test del capello si possono evidenziare tracce delle seguenti sostanze illegali ingerite FINO A 90 giorni prima: marijuana, cocaina (incluso crack), oppiacei (inclusa eroina, morfina e codeina), anfetamine e MDMA. Con capelli o i peli lunghi 10 cm si può controllare il consumo di droga dei passati 10 mesi. Il test si può effettuare su un campione di capelli o di altri peli del corpo. Le sostanze tossiche assunte finiscono nel capello dove possono poi essere ritrovate. Si può anche stimare l’intensità e la durata del consumo.

ALTRI TEST
Altri test che si possono eseguire coinvolgono il contenuto gastrico, il cervello, il fegato e la milza. I tessuti vengono  prelevati durante l’autopsia.